Coltiviamo in modo non intensivo. Il termine è tecnico, e contrario al superintensivo, che oggi viene visto come la soluzione competitiva della grande produzione italiana e estera, fatta su terreni piani e cultivar di olivi non autoctone, atte a dare il massimo.
Le cultivar della zona (frantoio, moraiolo, pendolino, leccino) producono, invece, quattro volte meno olive di un superintensivo. La resa è spesso appena dell’11%.
Il numero di piante per ettaro poste su terrazze come le nostre è ridicolo, ma tutto il resto è vegetazione e biodiversità.
L’oliveto conta oggi quasi mille piante di diverse varietà distribuite su terrazzamenti scoscesi, sul versante del Montalbano che guarda al mare: la storia di questa azienda agricola nel cuore della Toscana, che da decenni si dedica a una selezionata produzione di olio extravergine di oliva multivarietale, ha inizio qui, tra splendide piante di olivo, muretti a secco, cespugli di aromatiche e more, e felci antiche ancora presenti nel vicino fresco sottobosco.
Chi per un motivo chi per un altro sono stati tre fratelli, Franco, Fiorenzo e Fiorenza, il babbo e gli zii, a scoprire questo posto al di là del Montalbano nel ’70. Il posto non era agli occhi di allora particolarmente attraente, il podere impervio e troppo scosceso, e per questo scomodo e mal esposto, a detta di molti. Inoltre c’era molto da fare per rimetterlo in condizione di produrre olive.
Forse è vero, ma i tre fratelli non pensavano a produrre: volevano solo un luogo dove stare insieme, discutere, coltivare e soddisfare le proprie inclinazioni.
Gli attrezzi erano manuali, e la soddisfazione era tanta quando dopo un intero giorno di lavoro compariva un olivo dalle frasche.