Il Cassero, interview
Un oliveto di famiglia che conta oggi circa mille piante di diverse varietà distribuiti su terrazzamenti scoscesi, sul versante del Montalbano che guarda al mare: la storia di questa azienda agricola nel cuore della Toscana, che da decenni si dedica a una selezionata produzione di olio extravergine di oliva multivarietale, ha inizio qui, tra splendide piante di olivo, muretti a secco, cespugli di aromatiche e more, e felci antiche ancora presenti nel vicino fresco sottobosco.
– Mario Sorbo, Foodscovery: “Abbiamo fatto due chiacchiere con Marco Bettazzi, che insieme al fratello Giulio cura l’oliveto, assolutamente Foodheroes a tutti gli effetti.”
Di seguito la interessante sua intervista:
Ci racconti la sua storia e come mai ha deciso di produrre alimenti
A dire la verità non sono nato in campagna e non sono un contadino. Sono cresciuto tra queste piante insieme a mia sorella e mio fratello, o meglio, ci abbiamo trascorso quasi tutto il tempo libero fin dalla scuola. Insieme abbiamo guardato gli olivi crescere e cambiare, e dai grandi abbiamo appreso come farlo.
Chi per un motivo chi per un altro sono stati invece altri tre fratelli, Franco, Fiorenzo e Fiorenza, il babbo e gli zii, a scoprire questo posto al di là del Montalbano nel ’70. Il posto non era agli occhi di allora particolarmente attraente, il podere impervio e troppo scosceso, e per questo scomodo e mal esposto, a detta di molti. Inoltre c’era molto da fare per rimetterlo in condizione di produrre olive.
Forse è vero, ma i tre fratelli non pensavano a produrre: pensavano ad un luogo dove stare insieme, discutere, coltivare e soddisfare le proprie inclinazioni.
Gli attrezzi erano manuali, e la soddisfazione era tanta quando dopo un giorno di lavoro compariva un olivo. Quelle terrazze, che quasi non sapevamo quante fossero, le abbiamo conosciute palmo a palmo, e da lì abbiamo visto panorami bellissimi, che prima potevamo solo intuire.
Abbiamo scoperto che c’erano quasi mille olivi, alcuni inselvatichiti col tempo, altri particolari (come il rossellino). Molti hanno necessitato di anni di potature per riprendere forma; sì perché gli olivi si potano un po’ per volta. Come molti altri agricolotori abbiamo perso piante con la gelata dell’85 e visto ricrescere gli olivi dal nulla. Tagliamo canneti e pruni e li vediamo ricrescere anche un metro in dieci giorni. Stagione dopo stagione abbiamo imparato a trattare con questo terreno, che ci ha insegnato come fare.
Esperti in materia ci hanno fatto i complimenti per la qualità dell’olio ottenuta, e mi hanno insegnato ad assaggiarlo.
Anche questo ci ha spinto a insistere.
Ci racconti la particolarità delle sue produzioni
Coltiviamo in modo non intensivo. Il termine è tecnico, e contrario al superintensivo, che oggi viene visto come la soluzione competitiva della grande produzione italiana, fatta su terreni piani e cultivar di olivi non autoctone atte a dare il massimo.
Le cultivar della nostra zona (frantoio, moraiolo, pendolino, leccino) producono invece quattro volte meno olive di un superintensivo. La resa è spesso appena dell’11%.
Il numero di piante per ettaro poste su terrazze come le nostre è ridicolo, ma tutto il resto è vegetazione e biodiversità.
Crediamo fermamente che questa convivenza protegga naturalmente gli olivi stessi e la maturazione delle olive. Per questo non usiamo alcun pesticida o diserbante, e rifiutiamo qualsiasi sostanza possa aiutarci a mantenere pulito il terreno.
La particolarità della nostra produzione sta in questo tipo di terreno, in questo luogo e in questo approccio.
Coltiviamo olive ma non possediamo un frantoio. Cerchiamo le migliori soluzioni tecnologiche sul territorio e oggi frangiamo a 25° in gramola continua senza esporre la pasta al contatto con l’ossigeno. L’olio filtrato subito dopo l’estrazione mantiene a lungo il suo altissimo numero di polifenoli (biofenoli), che ne rallentano l’ossidazione mantenendo le caratteristiche salutari, tra cui quelle antiossidanti per chi lo beve.
Facciamo analizzare l’olio dopo le frangiture, e etichettiamo in modo trasparente: indichiamo in etichetta la provenienza circoscritta delle olive, l’anno e il mese di produzione, e, quindi, la corretta shelf life del prodotto confezionato. Le bottiglie rispettano le normative per la ristorazione.
Ci sveli qualche segreto per utilizzare al meglio i suoi prodotti
L’olio di oliva (bello sarebbe se non fosse necessario aggiungere la parola extravergine) è onnipresente in cucina. Cotto, fritto e crudo. Dalla pasta ai dolci. A novembre lo mangiamo sulle arance tagliate a fette di un piccolo albero davanti a casa, con il miele o, se possibile, con il tartufo bianco. A primavera e in estate gli spaghetti con le erbe selvatiche del campo (finocchio, calendula, nipitella, timo, asparagi). A settembre i fagioli di Sorana, che, caldi, sono forse uno dei migliori “termometri” per sentire il profumo dell’olio e verificarne la qualità.
Spediamo l’olio in bottiglie in vetro pesante verde scuro a totale protezione dei raggi UV, e lo conserviamo in fusti di acciaio, a temperatura controllata e senza contatto con l’ossigeno.
Chi è il suo modello di vita? Da chi ha appreso maggiormente nella sua adolescenza?
Ho trascorso gran parte della mia adolescenza in questa campagna, con la famiglia riunita nel fine settimana, a osservare e aiutare.
Così ho imparato dai miei genitori e dalla natura a dare valore alle cose e a lavorare per raggiungere gli obiettivi.
Ci racconti un suo ricordo legato al cibo, alla sua famiglia e al suo territorio
Quando penso a cibo, famiglia e territorio visualizzo subito la pergola davanti a casa, la lunga tavola apparecchiata, il nostro vino, il nostro olio, i fiori raccolti dai nuovi bambini, e i pranzi squisiti preparati dalle mamme.
Ci può raccontare una sua giornata tipo?
Ci dedichiamo agli olivi durante tutto l’anno, perché c’è sempre da fare e ci ritagliamo ancora oggi tutto il tempo libero per questo.
Cerchiamo di sfruttare le giornate al massimo per tenere sotto controllo la vegetazione che ci tiene molto impegnati tutto l’anno per il suo particolare vigore. E’ importante mantenere le scadenze come la potatura, trinciatura, fresatura, concimatura, taglio della legna, per stimolare al meglio la germogliatura delgli olivi a primavera e arrivare puntuali alla raccolta delle olive a ottobre. Tutto deve essere fatto nel momento giusto, senza rubare tempo all’attività successiva.
Quindi sveglia presto, colazione abbondante e nel campo, bellissimo in primavera, rigenerante d’inverno nelle fredde mattinate dal cielo azzurro intenso. Il freddo di anni fa durante la raccolta delle olive è un ricordo molto nitido.
Un piatto tradizionale della sua terra?
Sono moltissimi, a base di carne, sughi di pomodoro, pane, vino rosso.
Per me tradizionale è la pasta al sugo di carne (bovina). Ognuno la fa a modo suo, ma guai a chiamarlo ragù.
Qual è il suo piatto preferito?
Bistecca sulla brace di legna di.. olivo.
Al sangue, condita solo dopo la cottura, solo con sale e olio abbondante.
Qual è il suo rapporto con il cibo? Quali alimenti predilige e perchè?
Il cibo è alla base del nostro benessere, in famiglia siamo buone forchette: mangiamo molto e parliamo molto di quello che mangiamo. Prediligiamo cibi semplici, alimenti base di stagione, ci piace seguire il ritmo della natura, acquistare direttamente dal produttore e cucinare quello che c’è al momento adattando ricette tradizionali a quello che offre la terra. Perché? semplicemente perché è più facile, piacevole, salutare.
Cosa cambierebbe in quella che ormai viene definita l’industria del cibo moderna?
Per industria del cibo io intendo cibo industriale: quantità e condizioni imposte dal mercato.
Penso che questo non sia necessario, perchè il cibo può, più di ogni altro prodotto, essere prodotto localmente, e non ha bisogno di una distribuzione globale per sostenersi.
Assurdo è invece, ad esempio, non trovare al ristorante olio di qualità del territorio.
Sviluppare invece questo virtuosismo ha risvolti salutari, culturali ed economici enormi.
Che significa per lei produrre responsabilmente?
Vuol dire non recare danni agli altri, e produrre ciò che si dichiara.
Scrivere etichette chiare e non solo rispettose delle normative ne è un segnale per il consumatore.
Progetti per il futuro?
Continuare su questa strada, guardare lontano, produrre olio con attenzione e cura.
“Guardare lontano” è scritto sul nostro sito. Abbiamo costruito un cassero apposta.
Che consiglio si sente di dare a dei giovani che vogliono dedicarsi alla produzione alimentare?
Penso che dedicarsi può rendere qualsiasi attività piacevole. Spero che sviluppare i valori ancora insepressi della produzione alimentare possano portare anche a soddisfazioni lavorative.”